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mercoledì 26 gennaio 2011 00:08

Cooperative e socio lavoratore - quale competenza per la causa di licenziamento

La Cassazione, Sez. lav,, con sentenza del 6 dicembre 2010, n. 24692 è tornata ad esaminare la competenza giurisdizionale per le decisioni in merito al licenziamento e all’esclusione del socio di cooperativa . La duplicità del rapporto associativo e lavorativo pone senz’altro alcune interferenze che sono alla base del problema della determinazione della competenza giurisdizionale del giudice a conoscere e a trattare la relativa controversia.

La duplicità del rapporto, sociale e lavorativo, del socio lavoratore e le interferenze tra esclusione del socio e licenziamento dello stesso sono alla base del problema della determinazione della competenza giurisdizionale del giudice a conoscere della relativa controversia, con riferimento al regime giuridico successivo all'entrata in vigore dell'art. 9 della legge n. 30 del 2003, che ha modificato l'art. 1 della legge n. 142 del 2001.

Tale legge, come noto, prevedeva, nella sua originaria formulazione, che "il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali".

Con l'art. 9, l.n. 30/2003, si è disposta l’eliminazione delle parole «e distinto», con l'effetto, secondo la maggioritaria dottrina, di chiarire la dipendenza genetica e funzionale del rapporto di lavoro dal rapporto sociale e si è previsto lo «scioglimento del rapporto mutualistico in corso, in caso di scioglimento del rapporto sociale: il nuovo comma 2 dell'art. 5 della legge, prevede infatti che «il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l'esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile.

La sentenza in oggetto, sostiene che, nel nuovo contesto normativo, poiché, ai sensi dell'art. 9 legge n. 30/2003, l'esclusione del socio comporta automaticamente il venir meno dell'eventuale rapporto di lavoro subordinato, l'accertamento della legittimità dell'esclusione è pregiudiziale a quello della controversia relativa alla legittimità del licenziamento, con la conseguenza che la controversia relativa al licenziamento, intimato contestualmente o i dipendenza dell'esclusione del socio, spetta alla competenza del giudice ordinario.

Sul tema, secondo Cass., Sez. L, Sentenza n. 8346 del 08/04/2010, nelle cooperative di produzione e lavoro, anche nel regime previgente alla legge 3 aprile 2001, n. 142, spetta al giudice di merito verificare se, accanto al rapporto associativo, sussista un distinto rapporto di lavoro, autonomo o subordinato, dovendo questo escludersi ove i soci si limitino ad espletare prestazioni ed a svolgere attività secondo le prescrizioni del contratto sociale. (In applicazione di tale principio, la Suprema Corta ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato tra la cooperativa ed il socio, valorizzando la domanda di adesione del socio alla cooperativa, la sua partecipazione al capitale sociale ed all'attività sociale, nonché la rispondenza dell'attività lavorativa all'oggetto sociale).

Nel precedente regime normativo, Sez. U, Sentenza n. 10906 del 30/10/1998 aveva invece ritenuto che la controversia fra il socio e la cooperativa di produzione e lavoro, attinente a prestazioni lavorative comprese fra quelle che il patto sociale pone a carico dei soci per il conseguimento dei fini istituzionali, rientra nella competenza del giudice del lavoro, in quanto il rapporto da cui trae origine, pur da qualificare come associativo invece che di lavoro subordinato, è comunque equiparabile - al pari di quelli relativi all'impresa familiare - ai vari rapporti previsti dall'art. 409 cod. proc. civ. in considerazione della progressiva estensione operata dal legislatore di istituti e discipline propri dei lavoratori subordinati (da ultimo ai fini della procedura dell'intervento straordinario di integrazione salariale e di quella di mobilità ex art. 8 D.L. 20 maggio 1993 n. 148, convertito. in legge 19 luglio 1993 n. 236), dovendo alla graduale applicazione al socio cooperatore della tutela sostanziale propria del lavoratore subordinato corrispondere un'analoga estensione della tutela processuale.

Nel senso dell'indipendenza dei rapporti, Cass. Sez. L, Ordinanza n. 9112 del 03/05/2005 aveva affermato che il permanere della qualità di socio in capo al socio lavoratore di una cooperativa non costituisce presupposto essenziale del rapporto di lavoro, subordinato o autonomo, instaurato tra il socio e la cooperativa stessa, ben potendo proseguire, dopo l'esclusione del socio dalla compagine sociale, la sua collaborazione autonoma o il rapporto di lavoro subordinato da lui instaurato con la cooperativa; ne consegue che, nella controversia relativa al licenziamento del socio lavoratore, va annullato, ove impugnato con regolamento di competenza, il provvedimento di sospensione della causa motivato con la pendenza dell'impugnazione della delibera di esclusione, non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità necessaria fra le due controversie.

Per Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2941 del 04/04/1997, invece, in precedenza, con riguardo alle prestazioni di un socio di società cooperativa di produzione e lavoro, in conformità delle previsioni del patto sociale ed in correlazione con le finalità istituzionali della società, non è configurabile - anche dopo la legge 8 novembre 1991 n. 381, recante la disciplina delle cooperative sociali - non solo un rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, ma nemmeno un rapporto di collaborazione, ai sensi ed agli effetti dell'art. 409, n. 3, cod. proc. civ., poiché le prestazioni medesime, integrando adempimento del contratto di società, per l'esercizio in comune dell'impresa societaria, non sono riconducibili a due distinti centri di interessi, sicché la controversia inerente a dette prestazioni esula dalla competenza del giudice del lavoro e spetta alla cognizione del giudice in sede ordinaria.